Tutto quello che avrei voluto scrivere…

Christian Schaller mi ha letteralmente tolto le parole di bocca, e mi ha anche autorizzato a tradurre il suo post: An open letter to Apache Foundation and Apache OpenOffice team, che è stato ripreso da Jonathan Corbet di Linux Weekly News.

Sono appena stato in Norvegia a casa di mia madre: ha un nuovo laptop, che è stato configurato da mio cognato. Come spesso succede quando le faccio visita, mi ha chiesto di aiutarla a risolvere qualche piccolo problema tecnico, e nel farlo mi sono reso conto che mio cognato le aveva installato OpenOffice. Sapendo che il progetto OpenOffice è praticamente morto da quando IBM ha ritirato i suoi sviluppatori circa un anno fa, ed è significativamente indietro in termini di funzionalità, ho installato LibreOffice, che è sostenuto da una comunità forte e attiva, e continua a rafforzarsi.

Questo è il motivo per cui ho deciso di scrivere questa lettera aperta. Perché se la maggioranza di quelli che provengono dal mondo della tecnologia è migrato da OpenOffice a LibreOffice, la maggioranza degli utenti non tecnici continua a installare OpenOffice quando ricerca una suite per ufficio open source, perché è quella che ha sentito citare la prima volta. Apache Software Foundation, essendo un’organizzazione dedicata al software open source, dovrebbe tenere alla qualità  e alla percezione del software open source, per cui dovrebbe anche condividere l’obiettivo di far conoscere a tutti gli utenti di software open source la  soluzione migliore, anche se non utilizza la propria licenza.

Apache Foundation ha accolto con orgoglio il progetto e ha investito in modo significativo nella creazione di una suite per ufficio con licenza Apache basata sul vecchio codice di OpenOffice, ma spero che adesso che è  chiaro che questo sforzo è fallito non abbia problemi a reindirizzare gli utenti che arrivano sul sito openoffice.org al sito LibreOffice. Lasciar credere agli utenti che OpenOffice è ancora vivo e in fase di evoluzione rappresenta un danno per la reputazione del software open source tra gli utenti non tecnici, per cui ritengo sia nell’interesse di tutti di aiutare gli utenti di OpenOffice di passare a LibreOffice.

Per essere assolutamente chiaro, scrivo questo a causa dello stato stagnante del progetto OpenOffice, e se OpenOffice fosse riuscito a costruire una comunità in aggiunta alle risorse messe in campo da IBM, la storia sarebbe stata completamente diversa, ma siccome questo non è successo non vedo alcun ragionevole motivo perché gli utenti continuino a scaricare una vecchia release di un codice sorgente ormai stagnante fino a quando un problema di sicurezza li faccia scappare o sentano parlare di LibreOffice dai  media o dagli amici. Siccome sappiamo tutti che il problema non è  quello di trovare un paio di sviluppatori volontari, perché la manutenzione di un un progetto delle dimensioni di OpenOffice è una grossa sfida che richiede una comunità di grosse dimensioni per arrivare al successo.

Quindi, cari sviluppatori Apache, per il bene del software libero  e open source, vi chiedo di raccomandare agli utenti di migrare a LibreOffice, la suite libera per ufficio che viene attivamente gestita e sviluppata, e che ha la possibilità di fargli vivere un’esperienza positiva nell’uso di software libero. OpenOffice è una parte importante della storia del software open source, ma questo è anche tutto quello che rimane del  progetto a questo punto.

Suggerisco la lettura di tutti i commenti ai due post, soprattutto quelli di Jim Jagielski, che si arrampica sugli specchi per difendere l’indifendibile, ovvero l’operato di Apache Software Foundation, complice di IBM nella creazione del primo progetto di software open source nato per uccidere un altro progetto di software open source: Apache OpenOffice, nato per uccidere LibreOffice (un fatto evidente a tutti, tranne a coloro che – soprattutto in Italia – hanno ritenuto opportuno sostenere il progetto IBM, nonostante fosse chiaro sin dal primo momento che il destino di Apache OpenOffice era segnato sin dal primo giorno). Esilaranti, come sempre, le parole di Pedro Giffuni, autore di un saggio imperdibile sui rapporti tra le licenze copyleft e il demonio, che dimostra – se mai ce ne fosse stato bisogno – lo stato assolutamente precario del suo neurone.

Aggiungo un paio di elementi: Microsoft non è solo il principale sponsor di Apache Software Foundation, ma è anche il datore di lavoro del Presidente Ross Gardler (che da vero sostenitore del software open source è orgoglioso del suo Microsoft Surface, e non perde nessuna occasione per farlo notare). E Microsoft è l’unica azienda a trarre vantaggio dalla presenza sul mercato di Apache OpenOffice, un prodotto che impedisce – attraverso il meccanismo degli aggiornamenti – a milioni di utenti di scoprire LibreOffice, l’unica alternativa percorribile a MS Office. Ergo, a pensar male si fa peccato, ma spesso si coglie nel segno…

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